martedì 19 maggio 2009

...curiOsandO tra le varie tesi semiOtiche attuali...ripOrtO qui un interessante articOlO scritto da NicOla Dusi riguardO il fantasticO dOttOr hOuse..

House piace?
"È la domanda che Giorgio Grignaffini mi aveva posto, quando questo articolo era solo
un'ipotesi. Per tentare di rispondere, in modo rapsodico e certo non esauriente, torniamo
ad occuparci del personaggio di House sul piano narrativo, che appare al momento come
indissolubile dal suo interprete, Hugh Laurie.
Innanzitutto, House è un malato incurabile, accompagnato costantemente dal dolore fisico. A
dir meglio, è un ex-malato diventato zoppo, un handicappato fisico permanente. Inoltre è
dipendente dall'antidolorifico, cosa che come sappiamo gli procurerà l'accusa di
tossicomania verso la fine della prima stagione e ancora peggio nelle seguenti. Sembra una
stravaganza, invece è parte in modo strutturale del personaggio. House non è solamente un
geniale esperto di diagnostica, ma è un eroe marchiato, che ha superato la sua prova e porta
su di sé il marchio visibile della lotta con i veri antisoggetti del racconto: la malattia, il dolore
e la morte.
Ha infatti il volto segnato come un moderno S. Francesco, è un martire del male del
mondo, che porta su di sé stoicamente, e non manca a volte di farlo notare. E rispetto alla
cura effimera data delle pasticche contro il dolore, House è rassegnato e ironico, senza rancori nascosti.
Il personaggio di House è allora un malato che cura i malati, quindi è al loro livello, anzi
spesso soffre più di loro. Per questo non porta il camice, non tanto (o non solo) per trasgredire
ai regolamenti dell'istituzione. L'aver accettato la propria sorte gli permette di non cadere
nei tranelli del buonismo o del rispetto delle regole: lavorando sui suoi “pari”, egli va dritto
al sodo, se capisce di cosa si tratta. E finché non lo capisce non lascia perdere, anche mettendoli a rischio.
House non può camminare senza bastone e nelle fiabe, si sa, lo zoppicare è un indizio del
diabolico. A livello simbolico, infatti, House non appartiene del tutto alla sfera dei valori
positivi e degli eroi “buoni” (com'erano quasi tutti i medici di E.R.): certo è un giusto, ma a
modo suo, con molte qualità dell'antieroe: non è solo burbero, è spesso cattivo, brusco e
sarcastico. Ma sa anche essere gentile e profondo, a volte, capace di parlare direttamente al
lato più nobile dei pazienti e di andare al di là delle convenzioni. Se come personaggio è in
parte assimilabile al dottor Benton di E.R., scorbutico ma geniale, oppure a Gil Grissom di
C.S.I., la misantropia e l'asocialità di House lo affiliano di diritto ai grandi nomi del giallo,
come Dupin o Sherlock Holmes.
Inoltre, l'handicap di House lo avvicina, almeno un po', a narratori ciechi come Omero o
Borges; oppure a Nero Wolfe, un detective che se ne stava immobile nel suo studio mentre i
collaboratori gli portavano i dati da analizzare16. Intendiamo dire che il limite fisico di
House lo costringe alla consapevolezza, lo riporta sempre alla realtà delle cose, ma gli apre
anche una sorta di seconda vista sui mondi possibili delle vite degli altri, nonché sui
meccanismi interni che regolano i loro corpi al di là dei loro racconti, delle loro
inconsapevolezze o delle loro menzogne.
C'è ancora un'altra ipotesi, che viene dal racconto fatto da House sul suo caso agli studenti,
nel penultimo episodio della prima stagione. Quando egli doveva venire operato alla
gamba, nel tentativo estremo di riabilitarla, aveva chiesto di essere messo in coma
farmacologico per sopportare il dolore prolungato di un drenaggio che avrebbe, secondo la
sua diagnosi, risolto il problema senza bisogno dell'operazione. In realtà appena in coma
egli viene operato lo stesso, su richiesta della moglie. Tornerà alla vita invalido, ma solo
dopo un minuto morte apparente.
In questo frangente, il suo stare nel limbo ci viene mostrato
con immagini molto particolari, nelle quali House si guarda da fuori e, simultaneamente,
segue le vicende degli altri pazienti (operati alla gamba come lui). Una visione dall'alto, da
“quasi-morto”, come un essere angelico, che giustifica forse la raffinata capacità empatica di
House. Ma anche un'esperienza che gli rimarrà addosso: per House conta ormai solo l'essere
nel mondo, e non c'è trascendenza o altra salvezza al di là del qui e ora. È un pragmatista che
ama la vita e la difende, anche a costo di scelte estreme. O forse ama più che altro se stesso e
la sua verità, come gli rinfacciano i colleghi? House, diabolicamente, non si fida del mondo:
in modo molto pratico e umano (troppo umano, forse), House è un incredulo, che crede
solo nell'esperienza e vuole mettere il dito nella piaga.
Il suo modo acido è compensato dallo sguardo ironico che getta sulle cose, sugli altri e su se
stesso, e dall'acuta sensibilità nel comprendere gli stati psicologici dei suoi interlocutori. Ma
le passioni più esplicite del personaggio di House sono l'ambizione di capire, il cinismo e la
solitudine
. Come il commissario Adamsberg di Fred Vargas, il dottor House persevera nei
suoi errori, e va fino in fondo ad ogni sua scelta, per quanto in effetti non ne paghi le
conseguenze se non in termini di smacco personale.
Secondo Bernardelli (2007), House può permettersi di continuare a sbagliare, fino a
risolvere ogni caso, proprio perché è un personaggio misogino, cattivo, scostante: se un
“buono” sbaglia è la fine, perde la faccia, deve fare atto di contrizione ecc. (infatti il dottor
Kildare era “infallibile”); se invece sbaglia uno che non prende sul serio niente e nessuno
tranne il suo lavoro, significa che il lavoro è da rifare, migliorare, da ripetere variando. La
cattiveria di House è quindi strutturale, perché ha a che fare con la credibilità delle ipotesi
messe alla prova, rende accettabili gli errori, e permette la dinamica seriale interna ad ogni episodio.
House non è un eroe tragico, bensì un anarchico con una morale estranea alle regole
comuni, a cui sostituisce un'etica altra, che va al di là delle regole generali per rapportarsi, da
singolo, a un'altra singolarità assoluta: il suo paziente, con il suo caso specifico. Quella di
House è una “iper-etica”, nella lettura filosofica che ne dà Blitris (2007), poiché egli segue
una passione pura, assoluta, che risponde solo ad un imperativo: il dovere di salvare il
proprio paziente con ogni mezzo, lecito o illecito. Se House usa il sarcasmo, è di solito per
eliminare i giri di parole e i depistamenti: la sua è una ricerca di verità che non ammette
deroghe. Ma in tutto questo, non si può negare che House a volte appaia anche di un
narcisismo irritante. O è, invece, rassicurante? “Dimmi cosa preferisci”, direbbe House, “un
dottore che ti tiene la mano mentre muori, o uno che ti ignora mentre migliori?”.


Sotto consiglio di "verità" che ha consigliato di essere brevi e concisi ho estrapolato la parte più interessante del dott.Dusi.
E in pratica mi ci sono ritrovata, il post precedente che ho fatto è stata una semplice conferma con quest'ultimo, anche se non con termini forbiti e ricercati.
Cosa si chiede il dott.Dusi, a mio avviso????
Quanto può dare fastidio una personalità spigolosa e a tratti fastidiosa?
E quando ci rendiamo conto che di quella personalità ne abbiamo prepotentemente bisogno perchè unica?
House racchiude in sè il cielo e l' inferno, a mio dire.
Non esiste pietà, nè sensibilità.
Ma solo cura e professionalità, inferno personale a parte.
E credo che niente di meglio possa curare il dolore che il sarcasmo e l'ironia.
...con la speranza di essere stata abbastanza breve e concisa, cordialmente vi saluto.
-Sara Manna-


5 commenti:

  1. vabbu che scrivere tanto è sinonimi di conoscenza...ma spesso è meglio preferire la semplicità e la brevità.
    anche perchè non è che tutti passeranno il loro tempo a leggere 10000000000 di parole!!!
    se volessimo leggere un libro andremmo a comprarlo in libreria!!!

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  2. beh tutti i torti non li hai...errore mio.... anche perchè l'ho postato tutto senza rendermi conto che prendeva una pagina intera di web.
    Farò tesoro di quello che mi hai detto, se costruttive le critiche non fanno mai male.

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  3. In effetti ci sono UN Pò di parole ma quello che c'è scritto è interessante.Gusto il tuo modo di reagire alle critiche

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  4. Fanatici del medico storpio e bizzarro che tratta male tutti e qualche volta prende i pazienti a bastonate, nonostante momenti altissimi della narrazione contemporanea, superiori a molti film di grande levatura e a diversi romanzi di alta quotazione, non vi sembra troppo?? a mano a mano che gli episodi si accumulano, gli sceneggiatori vengono presi dalla tentazione di forzare le tinte, di aggiungere particolari impressionanti, saturando il racconto con vicende pazzesche. Troppo. La forza dei serial è la normalità, la routine, in questo caso illuminata dalla genialità anticonformista di House. Se il ‘Dr. House’ diventa una storia di casi incredibili, il fascino svanisce. Non è possibile che in un ospedale ci siano ogni cinque minuti eventi ai confini della realtà. Pollice verso!
    ho postato anche sul blog di ambienti
    oi doctor house dipendentiiiiiiiiiiiiiiii :ppppp carmine hai rovinato tuttiiiiiiiii

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  5. In effetti il bello dei serial è la vicinanza con la realtà che ci consente meglio di immedesimarci e di vivere l'episodio. Quando si forzano le cose questo effetto sbiadisce ed è un peccato!

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